STORIA E TRADIZIONE
Una storia antichissima… Lo zafferano era molto diffuso già tra i popoli antichi. Il suo uso era vario. Veniva usato per colorare le vesti, per preparare unguenti e profumi, come medicinale, per migliorare l’umore e facilitare la digestione, per scopi curativi e per preparare pozioni magiche. Prezioso come la porpora, lo zafferano serviva per tingere gli abiti dei re assiri e le calzature dei re di Babilonia. Fin dall’antichità lo zafferano è stato simbolicamente collegato alla ricchezza materiale ma soprattutto spirituale. |
I popoli antichi, Egizi, Greci, Romani, Cinesi ed Indiani spargevano fiori di zafferano nelle sale da pranzo e lo usavano per la preparazione di profumi e unguenti. Bagni, olii, massaggi e belletti a base di zafferano erano noti ovunque. Cleopatra, la regina d’Egitto, lo usava per dare un tocco dorato alla pelle.
Oggi lo zafferano viene ancora usato nel’arte profumiera, il suo uso è esteso a creme, olii profumati e cosmetici in genere, oltre che in gastronomia per la preparazione di piatti deliziosi ed in medicina, per la preparazione di medicinali.
Lo zafferano in Italia. Lo zafferano era conosciuto in Italia sin dall’epoca romana e veniva utilizzato per cucinare la selvaggina, per preparare vini aromatici, mieli allo zafferano L’amore per il lusso che caratterizzava l’eta’ imperiale, diede allo zafferano una notevolissima importanza, si spruzzavano con lo zafferano sale da pranzo e da soggiorno, l’imperatore Marco Aurelio (204/222) prendeva il bagno solo in acqua profumata di zafferano e su cuscini di zafferano si appoggiavano i suoi commensali. |
Le spose dell’antica Roma portavano dei veli tinti con lo zafferano e questa tradizione giunse fino al medioevo: le nobili dame sotto gli abiti nuziali indossavano infatti una tunica di seta anch’essa tinta con lo zafferano.
Con la caduta dell’impero romano d’occidente, i fasti conosciuti dallo zafferano subirono un brusco rovesciamento di sorte. L’avanzare di nuove popolazioni barbare dal nord europa, con usi e costumi profondamente diversi, fecero venir meno l’uso dello zafferano.
La coltura dello zafferano sopravvisse invece in oriente con l’affermarsi dell’impero di Bisanzio e nei paesi di cultura araba. Ed è proprio con gli arabi che lo zafferano ritorna in occidente, in Europa.
Con l’invasione araba della Spagna e il conseguente dominio marittimo dei saraceni, vi fu un aumento notevole dell’uso di tale spezia in tutto il bacino del mediterraneo.
Dalla Spagna lo zafferano arrivò in Italia grazie ad un frate domenicano, padre Santucci, che si trovava in Spagna perchè faceva parte del tribunale dell’inquisizione (Sinodo di Toledo intorno all’anno 1212). Si innamorò della piccola pianta e pensando ai dolci terreni della sua patria d’origine, la piana di Navelli, in Abruzzo, vicino all’Aquila, pensò che questa piantina potesse dare buoni frutti. Lo zafferano trovò qui un habitat molto favorevole, dando vita ad un prodotto di grande qualità.
Rapidamente la coltura si estese nei dintorni e le famiglie nobili che da poco avevano fondato la città de L’Aquila dettero vita in breve tempo a grandi commerci con le città di Milano e Venezia in Italia, Marsiglia in Francia e con la regione germanica.
A i quei tempi, lo zafferano essiccato costava più dell’argento e le terre che lo producevano erano considerate miniere d’oro; con 500 grammi di zafferano si comprava un cavallo.
Dall’Altopiano di Navelli, la coltivazione dello zafferano si è estesa al altre zone dell’Italia e oggi le maggiori produzioni sono, oltre che in Abruzzo, in Toscana, in Sardegna, in Sicilia, in Umbria, nelle Marche.
Con la caduta dell’impero romano d’occidente, i fasti conosciuti dallo zafferano subirono un brusco rovesciamento di sorte. L’avanzare di nuove popolazioni barbare dal nord europa, con usi e costumi profondamente diversi, fecero venir meno l’uso dello zafferano.
La coltura dello zafferano sopravvisse invece in oriente con l’affermarsi dell’impero di Bisanzio e nei paesi di cultura araba. Ed è proprio con gli arabi che lo zafferano ritorna in occidente, in Europa.
Con l’invasione araba della Spagna e il conseguente dominio marittimo dei saraceni, vi fu un aumento notevole dell’uso di tale spezia in tutto il bacino del mediterraneo.
Dalla Spagna lo zafferano arrivò in Italia grazie ad un frate domenicano, padre Santucci, che si trovava in Spagna perchè faceva parte del tribunale dell’inquisizione (Sinodo di Toledo intorno all’anno 1212). Si innamorò della piccola pianta e pensando ai dolci terreni della sua patria d’origine, la piana di Navelli, in Abruzzo, vicino all’Aquila, pensò che questa piantina potesse dare buoni frutti. Lo zafferano trovò qui un habitat molto favorevole, dando vita ad un prodotto di grande qualità.
Rapidamente la coltura si estese nei dintorni e le famiglie nobili che da poco avevano fondato la città de L’Aquila dettero vita in breve tempo a grandi commerci con le città di Milano e Venezia in Italia, Marsiglia in Francia e con la regione germanica.
A i quei tempi, lo zafferano essiccato costava più dell’argento e le terre che lo producevano erano considerate miniere d’oro; con 500 grammi di zafferano si comprava un cavallo.
Dall’Altopiano di Navelli, la coltivazione dello zafferano si è estesa al altre zone dell’Italia e oggi le maggiori produzioni sono, oltre che in Abruzzo, in Toscana, in Sardegna, in Sicilia, in Umbria, nelle Marche.
Lo zafferano nella nostra regione, l’Emilia Romagna.
Già nel diciottesimo secolo la coltivazione dello zafferano era presente in Romagna, come testimoniano scritti di ordini religiosi dell’epoca. La grave carestia (“il gastigo della carestia”), che colpì la regione negli anni 1765/1768, portò all’abbandono della coltivazione dello zafferano e di altre colture di pregio per lasciar posto alla coltivazione del grano e degli altri prodotti maggiormente necessari a fornire nutrimento alla popolazione. |
A distanza di due secoli, alla fine del XX secolo, si riaccende in regione l’interesse per lo zafferano, come testimoniato dagli studi e dalle sperimentazioni allora compiute in materia dall’Università di Parma, ripresi da qualche anno.
Soltanto in periodi recenti troviamo quindi in regione piccole coltivazioni di zafferano effettuate da agriturismi e da aziende agricole a corollario di produzioni più importanti. Sotto questa forma la coltivazione dello zafferano è presente ad esempio nell’alta Valmarecchia, a Talamello, sulle colline di Faenza, a Casola di Montefiorino in provincia di Modena e a Rottofreno in provincia di Piacenza.
Una svolta nella coltivazione dello zafferano in regione può venire dallo sviluppo delle attività dell’Associazione “Zafferano del Ventasso” che opera in cooridinamento con l’associazione nazionale dei produttori “Zafferano Italiano” e a partire dal 2011 sperimenta positivamente la coltivazione di uno zafferano di montagna di primissima qualità.
Soltanto in periodi recenti troviamo quindi in regione piccole coltivazioni di zafferano effettuate da agriturismi e da aziende agricole a corollario di produzioni più importanti. Sotto questa forma la coltivazione dello zafferano è presente ad esempio nell’alta Valmarecchia, a Talamello, sulle colline di Faenza, a Casola di Montefiorino in provincia di Modena e a Rottofreno in provincia di Piacenza.
Una svolta nella coltivazione dello zafferano in regione può venire dallo sviluppo delle attività dell’Associazione “Zafferano del Ventasso” che opera in cooridinamento con l’associazione nazionale dei produttori “Zafferano Italiano” e a partire dal 2011 sperimenta positivamente la coltivazione di uno zafferano di montagna di primissima qualità.